Bullismo: responsabilità della scuola se non ha fatto prevenzione
Bullismo: responsabilità della scuola se non ha fatto prevenzione.
La scuola rappresenta un importante luogo di sviluppo della personalità di bambini e degli adolescenti che si trovano a confrontarsi non solo tra di loro, ma anche con la prima autorità (diversa dai genitori), rappresentata dagli insegnanti e, in generale, da tutti gli operatori scolastici.
Un luogo in cui è più facile che la convivenza tra minori sfoci in intemperanze o atti di bullismo.
Di qui la necessità, da parte di ogni istituto scolastico, di attivarsi affinché le fisiologiche manifestazioni legate alla delicata età degli alunni, non trovino espressione in vere e proprie forme di violenza fisica o psicologica.
Tale necessità, tuttavia, non è legata a semplici ragioni di opportunità e di buona convivenza, ma si fonda sul principio normativo secondo cui coloro che insegnano un mestiere o una arte sono responsabili del danno provocato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti quando questi sono sotto la loro vigilanza (cosiddetta “culpa in vigilando”).
È quanto ha ricordato il Tribunale di Milano in una recente pronuncia. La sentenza ha sancito l’obbligo, per il Ministero dell’Istruzione, di risarcire i danni subìti da un alunno, vittima di episodi di bullismo (violenze psicologiche e percosse) tenuti da altri allievi della stessa scuola.
I giudici, in particolare, hanno ricordato come non basti, per gli operatori scolastici, il solo vigilare sul comportamento degli alunni, per evitare il verificarsi di episodi di violenza. Non è sufficiente che la scuola dimostri di non essere stata in grado di porre un intervento correttivo o repressivo nell’immediatezza del fatto, ma occorre che essa dia prova di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari e/o organizzative necessarie ad evitare situazioni pericolose. Si pensi, ad esempio, ad interventi mirati sulle classi, come percorsi di educazione alla legalità, mediazione scolastica o la creazione di gruppi di discussione che diano consapevolezza agli alunni del problema prima ancora del suo emergere.
Inoltre, precisano i giudici, per presumere la colpa della scuola , il danneggiato è solo tenuto a dimostrare di aver subito il danno quando egli era sottoposto allavigilanza degli operatori scolastici, mentre l’amministrazione scolastica deve provare di aver sorvegliato gli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto.
Una volta accertata la responsabilità della scuola per tutti i danni subiti dall’allievo, il magistrato dovrà verificare anche l’effettiva consistenza dei danni subiti, facendo una valutazione – sulla base della relazione di un consulente tecnico d’ufficio (c.t.u.) – delle effettive sofferenze fisiche e psichiche sofferte dal danneggiato (per esempio un accertato stato d’ansia e di paura che richieda un supporto terapeutico).
Nel caso in esame, ad esempio, il giudice ha condannato il Ministero dell’istruzione al pagamento in favore del giovane (divenuto maggiorenne al termine del giudizio) di 125.000 euro, di cui diecimila occorrenti per affrontare una lunga terapia psicologica di sostegno, ritenuta necessaria dalla c.t.u. in relazione al verificarsi di una vera e propria sindrome a carico del ragazzo.
Nel caso in cui un allievo subisca dei danni a seguito di atti di bullismo avvenuti all’interno dell’istituto scolastico, la scuola dovrà dimostrare di aver adottato delle misure di prevenzione idonee ad evitare simili episodi di violenza (come ad esempio un percorso di mediazione scolastica) e non solo di aver solo vigilato sulla condotta dei propri allievi. In caso contrario, essa sarà tenuta anche al risarcimento di tutti i danni, provocati all’alunno.
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